Parchi naturali Storia delle aree protette in Italia

Luigi Piccioni, docente di Storia economica presso l’Università della Calabria, è impegnato da molti anni in ricerche sulla storia delle aree naturali protette e dei movimenti per la conservazione della natura in Italia. Nel 2018 ha pubblicato con Ediesse Sindacato, ambiente, sviluppo. La Cgil Abruzzo, i parchi e le origini della riserva Monte Genziana-Alto Gizio 1979-1996, https://viaitri.blog/2020/11/13/sindacato-ambiente-sviluppo-la-cgil-abruzzo-i-parchi-e-le-origini-della-riserva-monte-genziana-alto-gizio-1979-1996/

Parchi naturali è venuto alla luce nel centenario della nascita ufficiale del Parco Nazionale d’Abruzzo, il secondo parco nazionale italiano, preceduto nel 1922 da quello del Gran Paradiso. I due parchi nazionali facevano assumere all’Italia una posizione di avanguardia in Europa, perché all’epoca esistevano grandi aree protette sono nella poco popolata Svezia, la Svizzera possedeva una piccola riserva naturale, due piccoli parchi montani erano stati istituiti in Spagna.

Emerse subito la peculiarità dei parchi italiani «data dal loro essere fittamente insediati, densamente popolati e molto prossimi a grandi città con un rapporto assolutamente inedito tra l’area sottoposta a tutela, gli insediamenti umani e i tessuti metropolitani più prossimi».

I decreti istitutivi dei due parchi nazionali, tenendo conto di questa complessità, prevedevano commissioni in cui erano rappresentati «funzionari ministeriali, studiosi, esponenti delle associazioni ambientaliste e turistiche, esponenti delle deputazioni provinciali e rappresentanti dei Comuni. La commissione eleggeva a sua volta il presidente del parco, mentre la direzione tecnica era affidata all’ispettore forestale locale nel caso del Gran Paradiso e a un tecnico nominato dalla commissione nel caso del parco abruzzese.» Nel 1933 però il regime fascista sciolse le commissioni e affidò la gestione dei due parchi alla Milizia nazionale forestale, recidendo i legami delle aree protette con gli ambienti scientifici, l’associazionismo e le comunità locali.

Negli anni ’30 furono istituiti altri due parchi nazionali, quello del Circeo per conservare gli ambienti naturali sopravvissuti alla bonifica dell’Agro pontino, e quello dello Stelvio, che iniziò ad operare con un minimo di efficacia solo con il regolamento del 1951.

Negli anni ’50, con il paese alle prese con la ricostruzione post bellica, l’interesse per la conservazione della natura coinvolse solo ambienti piuttosto ristretti. L’associazione Italia Nostra, fondata nel 1955 per opera di un gruppo di intellettuali, si occupò all’inizio soprattutto di tutelare i beni culturali e il paesaggio, minacciati dai modi sbrigativi che caratterizzavano spesso gli interventi di demolizione e ricostruzione.

Nel 1960 Italia Nostra dedicò il settimo congresso nazionale alla difesa del verde, sotto la spinta di due fattori. Gli urbanisti che avevano aderito all’associazione sollecitavano l’attenzione al territorio e in particolare al verde urbano, le sezioni locali segnalavano ai vertici dell’associazione numerosi casi di devastazione dell’ambiente, soprattutto lungo i litorali. In questo congresso il sodalizio decise di costituire il Comitato per il verde, che ebbe un ruolo di primo piano nel richiamare l’attenzione sul tema dei parchi naturali in Italia. Tale attenzione fu sollecitata anche dai progetti che minacciavano di infliggere gravissime ferite al Parco Nazionale d’Abruzzo. La campagna di informazioni volta a contrastarla, che ebbe come protagonista Antonio Cederna, sensibilizzò verso la conservazione della natura un’ampia parte dell’opinione pubblica italiana.

L’esito più avanzato del dibattito sulle aree protette che si svolse negli anni ’60 è rappresentato dal Progetto ’80, coordinato da Giorgio Ruffolo e pubblicato nel 1969 dal Ministero del bilancio e della programmazione economica. Scrive Piccioni che Ruffolo interpretava l’Italia come «un paese in cui l’economia e la società agricola ormai da tempo non erano più centrali, in cui erano in atto processi di urbanizzazione molto più rapidi e vasti che in passato, in cui l’arrivo dei consumi dei consumi di massa stava modificando profondamente mentalità, aspirazioni, bisogni e stili di vita e inediti cicli di lotte popolari stavano imponendo con forza una nuova domanda di partecipazione democratica e di diritti collettivi.» L’intervento dello stato sul territorio era inteso «come difesa e arricchimento dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico e come progettazione dell’assetto urbanistico delle aree metropolitane.» Il documento Proiezioni territoriali del Progetto 80 riprendeva le proposte avanzate dallo zoologo Alberto Simonetta e da Antonio Cederna e «ampliava questa seconda proposta portandola a circa 90 aree protette e la inseriva in un ragionamento più ampio e ambizioso sulla funzione delle riserve naturali all’interno del sistema insediativo, produttivo e infrastrutturale nazionale.»

Con la nascita, nel 1970, delle 15 regioni a statuto ordinario, divenne centrale nel dibattito sulle aree protette la contrapposizione tra i sostenitori di una gestione in cui avessero un peso rilevante i nuovi enti territoriali e quanti propugnavano invece un approccio più centralistico. Nella seconda metà degli anni ’70 furono istituiti i primi parchi regionali, ma rimase aperto il conflitto tra centralisti, rappresentati soprattutto da Italia Nostra e WWF, e regionalisti, che annoveravano anche i principali partiti della sinistra. Figure di spicco nei rispettivi campi furono da una parte Antonio Cederna, dall’altra Valerio Giacomini, botanico ed ecologo, che pubblicò nel 1989, con l’urbanista Valerio Romani, il libro Uomini e parchi. Giacomini sosteneva la «necessità di adottare un approccio partecipativo alla creazione e alla gestione delle aree protette con una forte attenzione programmatica a mantenere un equilibrio tra conservazione delle risorse a attività economiche.»

Gli anni ’80 videro la nascita anche in Italia di un partito politico che metteva al centro della propria azione la tutela dell’ambiente, la cui azione ebbe un ruolo fondamentale nel mantenere all’ordine del giorno delle istituzioni la questione della conservazione della natura e nel portare all’approvazione della legge n. 394/1991, Legge quadro sulle aree protette. L’approvazione della legge quadro ebbe come seguito una grande espansione delle aree protette, la cui superficie complessiva arrivò nel 1997 a 3.326.000 ettari, pari al 10,7 % del territorio nazionale, superando quindi il valore del 10% che le principali associazioni ambientaliste avevano posto come obiettivo in un convegno tenuto a Camerino nel 1980. La legge quadro però fu significativamente indebolita da provvedimenti successivi, come l’abolizione della consulta nazionale sulle aree protette, la quale avrebbe dovuto garantire che le iniziative per la tutela della natura fossero inquadrate in una coerente strategia nazionale.

A cento anni dall’istituzione dei primi parchi nazionali, la situazione delle aree protette si presenta secondo Piccioni «densa di ombre quanto di luci». L’Italia non dispone di organismi nazionali che sostengano e promuovano le aree protette, non esiste una politica nazionale organica, le regioni hanno ridotto il loro impegno e in particolare i finanziamenti, si assiste a un «progressivo spostamento di attenzione e di risorse dai compiti di conservazione, ricerca, educazione a un marketing territoriale nella gran parte dei casi indistinguibile da quello svolto da altri soggetti e in altri settori». Tuttavia la legge quadro rimane ancora efficace come garante della tenuta delle aree protette e nel mondo dei parchi «lavorano migliaia di persone incaricate di vigilare sul rispetto delle normative, oltre che di molte altre funzioni: la ricerca, la formazione, l’educazione ambientale, la promozione e il sostegno di forme di attività economiche a basso impatto». Quando gli enti gestori delle aree protette tendono a tradire la loro missione istituzionale «rischiano di suscitare reazioni da parte delle autorità di controllo ma soprattutto da parte dell’opinione pubblica».

L’attuazione del regolamento europeo sul ripristino della natura, noto come Nature Restoration Law, approvato dal Consiglio dell’Unione europea lo scorso 17 giugno, potrebbe essere l’occasione per riconsiderare la necessità di una politica nazionale che valorizzi adeguatamente il ruolo delle aree protette nel perseguire obiettivi generali, considerandole come una rete e non solo come singole entità.

di Massimo Leone

Luigi Piccioni, Parchi naturali Storia delle aree protette in Italia, Il Mulino, Bologna 2023, 202 pagine.

Immagine in evidenza: Locandina della presentazione di Parchi naturali, in occasione di Libridamare a Sperlonga 2024.

Sulla vicenda del Parco Nazionale del Circeo, segnalo anche Dove c’era la palude, di Sergio Zerunian https://viaitri.blog/2023/04/01/dove-cera-la-palude/

Sull’istituzione dei primi parchi nazionali in Italia e sulle loro vicende nel ventennio fascista, è molto interessante il libro di Marco Armiero, Roberta Biasillo, Wiko Graf von Hardenberg, La natura del duce. Una storia ambientale del fascismo

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