Dalle mafie ai cittadini. La nuova vita dei beni confiscati alla criminalità.

La possibilità di confiscare i beni appartenenti a esponenti delle mafie è stata introdotta in Italia con la legge n. 646 del 1982, conosciuta come legge Rognoni-La Torre,mentre la legge 109 del 1996 ha introdotto l’uso sociale dei beni confiscati, attraverso l’affidamento alle associazioni e alle cooperative sociali.

Oggi, scrivono Mira e Turrisi, possiamo vedere <<terre che grondavano di sangue oggi danno buoni frutti, lavoro nero trasformato in lavoro pulito, ville dove si combinavano sporchi affari oggi luoghi di recupero di vite difficili. Sono i 782 soggetti del terzo settore che gestiscono questi beni …. Una bella Italia, cuore e intelligenza, fantasia e coraggio. Che piace>>. Far conoscere questa Italia, i suoi successi e le sue difficoltà, è lo scopo del loro libro.

Nessuna delle storie raccontate da Mira e Turrisi si svolge nel territorio del Lazio Meridionale, se lo identifichiamo con le province di Frosinone e Latina, benché secondo i dati pubblicati sul sito internet openRegio  (aggiornati a settembre 2018) risultano confiscati in provincia di Latina 455 immobili  e 48 aziende (di cui sono stati destinati solo 88 immobili e 4 aziende) mentre in provincia di Frosinone sono stati confiscati 229 immobili e 17 aziende (di cui risultano destinati rispettivamente 40 e 4). Può essere utile allora volgere lo sguardo verso la porzione del Latium Adiectum che ricade oggi nei confini amministrativi della Campania.

Un capitolo del libro, Beni matti, è dedicato a un’esperienza particolarmente avanzata che si svolge in provincia di Caserta. Qui è attivo il consorzio NCO (Nuova Cooperazione Organizzata) formato da sei cooperative sociali, che gestisce otto beni confiscati e un bene comune sottratto all’abbandono. Su questi beni insistono oggi un ristorante, due agriturismi con fattoria didattica, un impianto per la trasformazione dei vegetali (che lavora anche per conto di alcune aziende agricole operanti in provincia di Latina), una cantina, un’agenzia di comunicazione e quattro botteghe che vendono al dettaglio i prodotti dei beni confiscati e del commercio equo e solidale. Le cooperative del consorzio NCO hanno come scopo principale la creazione di occasioni di lavoro e di percorsi terapeutici per minori a rischio di esclusione, persone con disagio psichico, ex detenuti ed ex tossicodipendenti.  Il loro percorso è iniziato nel 2004, quando fu nominato responsabile sociosanitario della ASL di Caserta il dottor Franco Rotelli, che aveva partecipato all’esperienza della chiusura del manicomio di Trieste con Franco Basaglia. Ricorda Peppe Pagano, presidente della cooperativa Agropoli <<Non parlava solo di servizi, ma di partecipazione e di cooperazione, non di assistenzialismo. … Ci innamorammo di un pensiero. E andammo a dirgli “Vogliamo fare la cooperativa come dici tu”>>.

Tra le altre storie ambientate nella Terra di Lavoro c’è quella della cioccolateria sociale Dulcis in fundo, collocata nella villa sequestrata a un camorrista di Casal di Principe, promossa dalla cooperativa sociale Davar, nata nella parrocchia di Don Peppe Diana. La cioccolateria impegna ragazzi e adulti disabili nella produzione di dolci di alta qualità, grazie anche alla collaborazione dello chef Nino Cannavale, fondatore dell’Associazione Cuochi Normanni.

Queste sono solo due delle molte esperienze che potrebbero servire da esempio per la valorizzazione dei beni confiscati nel Lazio Meridionale. Durante la presentazione del libro a Sperlonga, lo scorso 7 settembre, Toni Mira ha ricordato due immobili che andrebbero al più presto utilizzati, anche per il loro particolare valore simbolico: a Formia il complesso dell’ex Marina di Castellone, a Sperlonga la villa appartenuta all’avvocato Cipriano Chianese, definito “re delle ecomafie” dal quotidiano Il Messaggero.

Come scrive nella prefazione Federico Cafiero de Rao  <<Passando davanti a una villa confiscata, abbandonata e cadente, …, nessuno penserà al sacrificio e all’impegno di magistratura e polizia giudiziaria nel contrasto all’esercito dei mafiosi e alle loro ricchezze, ma all’incapacità dello Stato di mantenere un bene e convertirlo in favore della collettività. Un’impresa confiscata che chiude è causa di perdita dell’occupazione e, quindi, sottrazione di benessere per il territorio.>>

DALLE MAFIE AI CITTADINI. La nuova vita dei beni confiscati alla criminalità, di Toni Mira e Alessandra Turrisi, prefazione di Federico Cafiero de Raho e Luigi Ciotti, Edizioni San Paolo, Cinisiello Balsamo, 2019.

Lascia un commento