L’Italia è bella dentro. Storie di resilienza, innovazione e ritorno nelle aree interne.

Luca Martinelli, giornalista e autore di libri di inchiesta sul territorio italiano come Le conseguenze del cemento, Salviamo il paesaggio, L’acqua non è una merce, tutti pubblicati da Altreconomia, si è occupato per due anni di comunicazione nel gruppo di lavoro della “Strategia nazionale per le aree interne”.

Da questa esperienza nasce il libro L’Italia è bella dentro, dedicato appunto alle aree interne italiane. Si tratta di un lavoro collettivo, al quale hanno partecipato, oltre all’autore principale, Alessio Maurizi e Massimo Acanfora, giornalisti, e Silvia Passerini, architetto e vicepresidente della “Rete del ritorno ai luoghi abbandonati”. Il volume, molto denso nelle sue 140 pagine, contiene anche due interviste, a Fabrizio Barca, coordinatore del Forum disuguaglianze e diversità e promotore della Strategia Nazionale Aree Interne, e ad Andrea Cavallero, promotore della legge sulle associazioni fondiarie in Piemonte, e due conversazioni, la prima con Elena Jachia, Direttore Area Ambiente della Fondazione Cariplo, l’altra al poeta irpino Franco Arminio, fondatore della paesologia.

Nell’introduzione Martinelli ricorda l’opera di Nuto Revelli, che definiva Il mondo dei vinti le valli cuneesi in cui vivevano i contadini e montanari che aveva intervistato. Oggi invece, sostiene l’autore, se da una parte le aree interne e più in generale quelle rurali manifestano un forte malessere che si estrinseca con il rifiuto delle diversità, la sfiducia verso il sapere scientifico, la propensione ad affidarsi a uomini forti che promettono di ristabilire l’ordine, esse rappresentano oggi spazi di critica e di sperimentazione sociale, dove avanzano altri modelli di sviluppo.

Per consentire alle aree interne di esprimere il proprio potenziale e invertire la tendenza allo spopolamento, nel 2013 è stata varata dal Ministro della coesione territoriale Fabrizio Barca la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), articolata in due linee di azione: promuovere lo sviluppo attraverso l’uso dei fondi strutturali e di investimento europei; assicurare i servizi essenziali come quelli per la salute, l’istruzione e la mobilità. Alla descrizione della Strategia Nazionale, che ha coinvolto 72 aree progetto per una superficie complessiva pari al 16,7% del territorio nazionale, è dedicato il primo capitolo del libro. Ancora poco nota al di fuori delle aree progetto e dall’ambiente degli addetti ai lavori, la SNAI merita di essere conosciuta. Il Ministro per la coesione territoriale in carica, Giuseppe Provenzano, in un intervento alla Camera dei deputati, ha affermato che il Governo prevede di trasformare quella che è stata una sperimentazione sulle aree interne in una vera e propria politica che si integri con il complesso delle aree marginalizzate nel nostro Paese.

Il secondo capitolo raccoglie undici Storie di restanza e di ritorno, collocate in diverse regioni, dall’alto Adige ai Monti Dauni. Una di queste si svolge nel Lazio meridionale, quella dell’associazione Rise Hub della Valle di Comino, coinvolta nella SNAI con altre tre aree del Lazio: i Monti Simbruini, i Monti Reatini e l’Alta Tuscia. In un territorio che comprende 18 comuni, con 29mila abitanti in 600 chilometri quadrati, l’associazione di promozione sociale Rise Hub coinvolge ritornanti, giovani rientrati nella Valle di Comino dopo periodi di studio e lavoro in città italiane o estere, insieme a migranti provenienti da Africa e Asia. Tra i progetti promossi da Rise Hub troviamo il campo di lavoro per la rigenerazione urbana Art in the Valley, finanziato dalla Commissione Europea con il programma Erasmus Plus, e la partecipazione al programma Youth Exchange che ha visto coinvolti giovani provenienti da Romania, Bulgaria, Italia, Spagna e Paesi Bassi in un soggiorno di formazione in Romania. Rise Hub propone anche un catering itinerante, con specialità del Mali, del Pakistan, della Costa d’Avorio e del Gambia, paesi d’origine dei cuochi. Rise Hub è stata fondata in seguito al progetto Terre&Comuni, sostenuto dal GAL Versante Laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo, che aveva l’obiettivo di creare una connessione tra giovani disoccupati, migranti, rifugiati e richiedenti asilo del territorio della Valle di Comino, con le istituzioni locali, le imprese private che lavorano nei settori dell’agricoltura e del terzo settore per proporre nuovi modelli di inserimento dei giovani, migranti e non, nel mercato del lavoro e valorizzare le risorse locali. Terre&Comuni è stato valutato dalla Rete Rurale Europea (ENRD) come una delle migliori pratiche di inclusione dei migranti in territori rurali nel 2015 in Europa.

Il capitolo 3 è dedicato alle associazioni fondiarie, nate per iniziativa di Andrea Cavallero, ex docente della Facoltà di Agraria a Torino, per contrastare l’abbandono dei terreni agricoli. Un’associazione fondiaria, spiega lo stesso Cavallero, è una libera associazione fra i proprietari dei terreni abbandonati appartenenti a un Comune o a Comuni limitrofi che viene eventualmente, ma non necessariamente, patrocinata dallo stesso ente. Le finalità sono il recupero funzionale delle superfici agricole, la loro valorizzazione ambientale, paesaggistica, a favore del multiuso del territorio, favorendo l’utilizzazione collettiva delle superfici. Oggi le associazioni fondiarie costituite o costituende in Italia sono circa 60, in Piemonte e Lombardia sono state riconosciute con leggi regionali. Per accompagnare chi vuole tornare nelle aree interne, anche allo scopo di  gestire i terreni delle associazioni fondiarie, la Rete del Ritorno, la Fondazione Nuto Revelli e l’associazione Thara Rothas hanno fondato la Scuola del Ritorno.

Al programma AttivAree della Fondazione Cariplo è dedicato il quarto capitolo. Sostiene Elena Jachia, responsabile del programma, che I territori marginali sono ricchi di elementi di attrattività naturalistica, culturale e sociale, ma questi patrimoni devono essere messi a sistema e integrati con elementi di innovazione territoriale, quali l’attivazione di nuovi servizi o il potenziamento e l’attualizzazione di quelli esistenti. Bisogna fare in modo che le aree interne diventino territori in cui sia effettivamente possibile tornare ad abitare.

Chiude il volume la conversazione con Franco Arminio. Lo scrittore sostiene la necessità di una rivoluzione culturale, che coinvolga in primo luogo i sindaci delle aree interne, che lui vede in generale poco fiduciosi nel loro ruolo, …, abituati a un altro modo di fare politica, che si misura solo sulle strade asfaltate, sulle lampadine, sulla disponibilità di risorse da spendere, che sono importanti ma certo non l’unica cosa che serve sui territori.

Il libro curato da Luca Martinelli è senza dubbio molto utile per chi è interessato al futuro delle aree collinari e montane, ne mette in luce le potenzialità senza nasconderne o sottovalutarne i problemi. Con altre pubblicazioni recenti, come L’Italia che non ci sta di Francesco Erbani (https://viaitri.blog/2020/11/13/litalia-che-non-ci-sta-viaggio-in-un-paese-diverso/), e Ultime notizie dalla terra di Antonio di Gennaro (https://viaitri.blog/2020/11/13/ultime-notizie-dalla-terra-la-terra-dei-fuochi-questioni-per-il-paese-intero/), L’Italia è bella dentro sollecita l’attenzione sulle prospettive di una parte importante del nostro paese. Un’occasione importante per discutere di questo tema sarà, l’anno prossimo, il cinquantenario della legge Legge 3 dicembre 1971, n. 1102., Nuove norme per lo sviluppo della montagna.

Luca Martinelli, L’Italia è bella dentro. Storie di resilienza, innovazione e ritorno nelle aree interne. Altreconomia Edizioni, 2020.

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