Migranti e diritti. Tra mutamento sociale e buone pratiche

L’associazione di promozione Tempi Moderni, presieduta dal sociologo Marco Omizzolo, ha pubblicato questo volume dedicato alle buone pratiche che favoriscono l’emancipazione dei migranti, per contrastare la polarizzazione che caratterizza il dibattito sulle migrazioni in Italia. Vediamo infatti rappresentate prevalentemente le posizioni di rifiuto dei migranti e quelle che presentano il migrante essenzialmente come vittima da commiserare “generando un processo di infantilizzazione ed esotizzazione. … Nei territori invece si possono cogliere delle importanti iniziative … aventi ad oggetto progetti di emancipazione ed autonomizzazione del migrante. Essi elaborano e custodiscono esperienze che possono condizionare positivamente il dibattito nazionale, contrastando la dicotomica retorica vigente e rappresentare l’occasione per restituire al migrante un legittimo protagonismo sociale, culturale ed economico.”

Uno dei contributi raccolti nel libro, di cui è autore lo stesso Marco Omizzolo, riguarda specificamente il Lazio Meridionale: “La comunità indiana in provincia di Latina tra sfruttamento lavorativo, nuova legge contro il caporalato e il ruolo essenziale dei servizi sociali: il caso del progetto Bella Farnia”.

Il contributo si apre con un inquadramento del caporalato in Italia, dal punto di vista giuridico e socioeconomico. Omizzolo fa presente che “Secondo il rapporto Agromafie e caporalato della Flai-Cgil, solo in Italia esiterebbero 450 mila lavoratori che ogni giorno subiscono varie forme di sfruttamento lavorativo e sottoposti a caporalato, di cui circa l’80% migranti”.

Il saggio racconta come si è formata la comunità punjabi in provincia di Latina e delinea le sue caratteristiche. Nata negli anni Ottanta nel Novecento con i primi punjabi arrivati direttamente dal Punjab (stato collocato nella porzione nord-occidentale dell’India) o da altri paesi europei, oggi essa conta circa 30.000 presenze, concentrate prevalentemente a Latina in località Bella Farnia, a San Felice Circeo nella frazione San Vito, a Borgo Hermada nel comune di Terracina e nelle aree periurbane a Fondi. I punjabi lavorano prevalentemente nell’agricoltura, come braccianti, in condizioni di grave sfruttamento. Omizzolo descrive le modalità con le quali i punjabi arrivano in provincia di Latina partendo dall’India, con un sistema illegale al quale partecipano caporali indiani, imprenditori italiani e una serie di figure che forniscono servizi (liberi professionisti, impiegati pubblici, agenzie). Una volta arrivati in Italia i punjabi, sottoposti al ricatto del licenziamento, devono spesso lavorare dalle 10 alle 14 ore al giorno, tutti i giorni della settimana, con una paga di circa 4 euro l’ora. Essi inoltre devono subire altre vessazioni, come pratiche illegali per il rinnovo del permesso di soggiorno, buste paga false, truffe sul rinnovo dei documenti, salari pagati in ritardo, violenze, intimidazioni e ricatti sessuali per le lavoratrici.

Si inserisce in questo contesto il progetto Bella Farnia, ovvero l’organizzazione di un Centro Polifunzionale d’Informazione e Orientamento presso uno dei luoghi in cui si concentra la comunità punjabi pontina. Gli obiettivi specifici del progetto erano il miglioramento della conoscenza della lingua italiana e delle istituzioni locali, delle tutele garantite dal diritto del lavoro, dei diritti delle donne, delle modalità di accesso ai servizi del territorio; lo sviluppo di partnership con istituzioni e organizzazioni che svolgono un ruolo nei programmi in favore dei migranti; l’approfondimento della conoscenza dell’organizzazione sociale indiana e in particolare sikh e il suo monitoraggio.  Il progetto ha prodotto un impegno formale da parte della Questura di Latina a riconoscere i benefici previsto dall’art. 18 del Testo unico sull’immigrazione (uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale) ai lavoratori che denunciano casi di sfruttamento, riduzione in schiavitù e caporalato. È stata ottenuta inoltre l’apertura di un tavolo di lavoro presso la Prefettura ed è aumentata la capacità della comunità di autorappresentarsi e di determinare autonomamente le proprie condizioni sociali e lavorative.

Nelle conclusioni Omizzolo fa presente che per superare lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura è necessario “ripensare il mondo del lavoro, ponendo al centro i diritti dei lavoratori da coniugare con le legittime aspettative delle imprese mediate da un sistema normativo e istituzionale adeguato per preparazione, capacità predittiva e repressiva. … Insieme a quest’impegno è indispensabile organizzare servizi sociali territoriali adeguati … Essi devono essere organizzati prescindendo da approcci amministrativo-burocratici o formali, ma riuscendo a coniugarli nel merito con le specifiche caratteristiche, esigenze, aspettative dei lavoratori …”

Migranti e diritti. Tra mutamento sociale e buone pratiche, a cura di Marco Omizzolo, Edizioni Simple, Macerata, 2017.

Pubblicato in “Annali del Lazio Meridionale”, anno XIX, n. 38, dicembre 2019.

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