Adriano Zamperini insegna Psicologia della violenza, Psicologia del disagio sociale e Relazioni interpersonali presso l’Università di Padova, dove dirige il master in Sicurezza urbana e contrasto alla violenza. Nel 2021 ha pubblicato con Marialuisa Menegatto, presso Padova University Press, Cattive acque. Contaminazione ambientale e comunità violate, frutto di tre anni ad ascoltare le persone che vivono nella zona rossa, formata dai comuni più gravemente inquinati dagli Pfas in Veneto.
Proprio l’inquinamento delle acque causato dall’uso industriale delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) rappresenta per l’Autore un esempio di violenza invisibile. Zamperini riprende il concetto di slow violence, coniato negli Stati Uniti da Rob Nixon, «per indicare una violenza che si manifesta gradualmente, capace di produrre un disastro ritardato che si disperde nel tempo e nello spazio. E sovente nemmeno percepita come tale». Rientrano in questa tipologia di violenza le contaminazioni ambientali invisibili, come «una sostanza o una forma di energia interdetta alla percezione». È questo il caso delle radiazioni ionizzanti e di molte sostanze chimiche.
Zamperini descrive le strategie messe in atto dai perpetratori delle violenze invisibili, per renderle socialmente accettabili più a lungo possibile. Rientra in tali strategie la «costruzione sociale dell’ignoranza», ovvero la «selezione, manipolazione e distribuzione di particolari dati al fine di diffondere non solo l’ignoranza quale assenza di sapere, ma pure disinformazione, confusione e incertezza». Un caso esemplare descritto nel libro è quello dell’amianto, con il ruolo svolto in particolare negli USA dalla Asbestos Information Association. Questa organizzazione, legata alle industrie del settore, per decenni diffuse pubblicazioni che minimizzavano i pericoli connessi all’uso dell’amianto e ostacolò l’approvazione di norme restrittive. In Italia fu protagonista di attività analoghe la multinazionale Eternit.
Lo strumento di autodifesa utilizzato da alcune comunità colpite dalla violenza invisibile è l’epidemiologia popolare, espressione coniata da Phil Brown negli anni ’80 «per descrivere le iniziative delle donne della classe operaia che andavano di casa in casa esaminando l’incidenza di malattie familiari nei quartieri di residenza».
Il libro si chiude con l’esortazione a costituire «un’alleanza tra cittadini e ricercatori che consente di andare oltre la mentalità incentrata sull’interesse privato … Per raggiungere una responsabilizzazione pubblica, e rafforzando così il diritto umano a un’esistenza sicura e giusta.»
di Massimo Leone
Adriano Zamperini, Violenza invisibile – Anatomia dei disastri ambientali, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2023
Pubblicato su Qualità, n. 3, 2024